Viaggio verso Nordest
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26-4 : Partenza... il tempo di fare qualche km e perdiamo una borsa malamente agganciata sul bauletto. Fortunatamente la recuperiamo (grazie ad un gentile scooterista che ci rincorre con la nostra borsa), sistemiamo meglio il bagaglio (riducendolo un po') e ripartiamo. Raggiungiamo rapidamente Voghera, e da lì puntiamo sul primo di tanti passi, il Penice, da cui scolliniamo in una infinità di curve stupende (ma che pesano già sulla schiena) verso Bobbio, dove pranziamo. Da qui il nostro itinerario porta a Santo Stefano d'Aveto, dove troviamo ancora la neve a bordo strada. Qui il navigatore fa un po' le bizze, e nonostante conosca abbastanza le zone, mi porta su una strada secondaria che ci ritarda parecchio, ma finalmente riusciamo a scendere verso Chiavari. Dato il ritardo accumulato preferiamo prendere l'autostrada fino a La Spezia, e dopo non poche difficoltà raggiungiamo il primo punto di sosta, a Montedivalli, in Lunigiana. Il luogo è difficile da trovare, ma stupendo, ci rilassiamo in compagnia dei simpaticissimi proprietari e dopo vari bicchierini e una buona cena, andiamo a dormire.
27/28-4 : Ci attende un viaggio non da poco: dobbiamo attraversare l'Italia da ovest a est, superando l'Appennino Tosco-Emiliano, tra le valli e le montagne sperdute della Garfagnana. Il tempo è abbastanza fresco, le cime più alte delle Apuane sono innevate, e le strade di montagna sono in pessime condizioni, sporche e dissestate, ma dopo varie soste per recuperare l'uso degli arti inferiori e della schiena dolorante, raggiungiamo Castiglione dei Pepoli e Firenzuola. Da qui discendiamo la Via Montanara giù per le splendide falesie del Santerno, fino ad Imola, per imboccare la superstrada che, ormai in serata, ci fa giungere al nostro secondo rifugio, a Ravenna. La camera è splendida, con il suo sottotetto in travi di legno, posizionata proprio nel centro storico: non fatichiamo molto a trovare un buon ristorante dove rifocillarci e andiamo subito a dormire. Il giorno seguente ci attendono le meraviglie artistiche della città, i mosaici, le piazze, ma anche il semplice piacere di passeggiare nelle vie tranquille e godere di una Ravenna splendida sotto il sole primaverile, dove è piacevole sostare ai tavolini dei locali all'aperto ad osservare le chiassose gite scolastiche o gli uomini d'affari che si concedono un apertitvo sotto gli ombrelloni.
29-4 : Il meteo non è dei migliori. Sotto una pioggia insistente carichiamo i bagagli e partiamo verso nord, sulla via Romea (una delle strade più insidiose che abbia mai percorso, dato il traffico incredibilmente pesante e intenso e l'alta velocità). Incontriamo le Valli di Comacchio sotto un cielo plumbeo, che ci fa apparire questa enorme massa d'acqua nel suo aspetto di antica miseria e abbandono. Scivoliamo su interminabili rettilinei che costeggiano grandi canali silenziosi e immensi campi frutto delle bonifiche, fino a raggiungere la splendida Abbazia di Pomposa, che entriamo a visitare quasi in solitudine. Abbiamo quindi il tempo di un buon pranzo (e come non approfittare subito della sontuosa anguilla ai ferri?), e raggiungiamo quindi Comacchio. Il nostro alloggio è bellissimo, la camera a volta in cui dormiamo è interamente affrescata, e i proprietari sono molto gentili e disponibili a darci indicazioni sulla città, in cui decidiamo di fare subito un giro di esplorazione. Comacchio ci appare bella e tranquilla, affondata nei suoi canali, con una vita di paese poco inquinato dal turismo, che conserva ancora aspetti autentici di vita antica, legata alle tradizioni di un luogo, le Valli, unico al mondo, a cui l'uomo ha dovuto adattarsi con sforzi incredibili, un luogo che non ha mai dato molto, e che per questo ha preteso un millenario tributo di fatica, miseria e malattia. Ma un luogo che ha il fascino dello straordinario, un vero tesoro ecologico ancora non del tutto compreso, con una biodiversità che lascia stupito anche il visitatore più distratto, e che a tratti ricorda la Camargue (con i suoi stormi di fenicotteri rosa), a tratti si fa più lagunare, a tratti è dolce, a tratti salato, un regno senza confini e senza regole, senza distinzioni tra fiume, canale, cielo, mare...
30-4 : Partiamo per visitare il Delta di Po, un luogo magico e misterioso, legato ad una eterna lotta tra enormi forze naturali, che lascia i suoi immensi segni in una natura mutevole, incerta, instabile, dove niente è ciò che sembra. Costeggiano la Valle Bertuzzi, e superando il Po di Volano, antico testimone dell'antico tracciato del Grande Fiume, puntiamo verso Taglio della Falce, Goro e Gorino Veneto. Qui il concetto di terreno è sospeso su quello dell'acqua, tutto è palafitticolo, trampolistico, galleggiante. Come i ponti di barche che ci troviamo a superare (a volte pagando una gabella, che ci ricorda i tempi remoti), per giungere nella grande ansa di Scardovari, creata da un ramo abbandonato del Po, e quindi verso l'isola di Polesine, dove campeggia l'immensa centrale termoelettrica di Porto Tolle, paradossalmente immersa in un ecosistema infinitamente complesso e irripetibile. Rientriamo quindi precipitosamente verso Comacchio, dove ci attende un giro in barca sulle Valli, che ci porterà a scoprire le antiche storie di pesca, di guardie e pescatori di frodo, di lavorazione del pesce, di trappole per le anguille, di sperduti avamposti umani nel regno dei granchi e dei gabbiani. In lontananza, i fenicotteri rosa spiegano le loro ali al sole e i cormorani asciugano le piume al vento. Un silenzio antico avvolge il panorama appiattito sull'orizzonte, mentre l'odore di salsedine si mescola con quello del legno...
1-5 : Partiamo in una bella giornata di sole, dopo il tempo incerto dei giorni precedenti. Superiamo velocemente il ramo principale del Po, e ci lasciamo trasportare dalle strade d'argine della parte settentrionale del Delta del Po, fino ad arrivare all'estremità del porto di Pila, con le sue flotte di pescherecci schierate lungo i moli protesi verso l'Adriatico. Da qui, ripartiamo verso nord fino a raggiungere il promontorio di Chioggia, affacciata sulla laguna e marinara per definizione. Le barche invadono la città e i suoi canali come un mezzo comune di locomozione e di vita quotidiana, e non solo di lavoro. Sotto i portoni, i giovani attendono le ragazze con i loro motoscafi, e queste escono di corsa, saltando dai moli con atavica leggerezza sulle sponde delle barche ormeggiate. Da Chioggia, la via Romea scavalca la laguna su un lunghissimo argine e ci porta in fretta verso il caos di Marghera, fino al Tronchetto dove imbarchiamo la moto sul Ferry Boat per il lido e ci godiamo la vista dal canale delle Grazie, con alcuni degli scorci più famosi del mondo. Venezia gronda degli sguardi avidi dei turisti, e di tutti i ricordi che ancora vivono in milioni di persone che sono passate di qui, a volte innamorate, a volte tristi, a volte con la presunzione dell'indifferenza, ma incapaci infine di resistere al sentimento che solo questo posto al mondo sa ispirare. Qualcosa che viene dalla mortalità stessa dell'uomo e delle sue opere, che dà una visione anticipata e rallentata all'infinito di quello che siamo e di quello che - inesorabilemte - sarà. Forse per questo qui tutti sentono più forte l'amore, qui tutti vogliono stringersi alla vita, alla passione, al piacere, forse perché in nessun altro posto si sente così chiaramente il passare del tempo, riflesso dai mille orologi, dai mille specchi, dai mille segni di una decadenza infinita che ha scavato la pietra e levigato i marmi, che sta divorando questo piccolo universo giorno dopo giorno, fino alla fine dei tempi, che qui somiglia sempre al domani.
2/4-5 : Vaghiamo per i calli, cercando di sfuggire le orde barbariche che violentano per la milionesima volta Venezia come una meretrice antica, che li compiace tutti, uno per uno. Viaggiamo sulla laguna, Murano, Burano, i Tre Ponti, tra turisti stralunati e stanchi, perché Venezia stanca come un amplesso, e porta con sé il sonno beccheggiante delle gondole. Ascoltiamo i canti dei veci buranèi nelle osterie, dopo che i turisti hanno sfollato. E' stato detto che se le donne governassero il mondo, tutte le città sarebbero come Venezia: pericolanti, scomode, affollate e piene di negozi inutili, ma incomparabilmente belle. Io non ho fatto che pensare a quanto questi versi siano un incredibile riassunto di tutto ciò che Venezia è:
Venezia che muore / Venezia appoggiata sul mare / La dolce ossessione degli ultimi giorni suoi tristi / Venezia la vende ai turisti / Che cercano in mezzo alla gente l'Europa e l'Oriente / Che guardano alzarsi la sera / Il fumo o la rabbia / Di Porto Marghera.
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